lunedì 10 luglio 2023

 LA VERA STORIA DEL CIOCCOLATO 


Per la maggior parte di noi, il cioccolato è molto più che un semplice alimento divenuto parte integrante della dieta occidentale. È anche sinonimo di piacere seducente e appagante, può offrire rifugio affettivo e persino creare dipendenza al pari altre sostanze.

Tuttavia, dietro la sua immagine edulcorata e romantica si cela una storia fatta di crudeltà, abusi, schiavitù e cupidigia.

In Costa d’Avorio, Ghana, Mali, ci sono persone che ad oggi non sanno dove vadano a finire e a cosa servano i succosi e carnosi semi di cacao che essi stessi coltivano in condizioni di indigenza e sfruttamento, imbarcati a migliaia di tonnellate tutti i giorni verso l’Occidente.



La pianta del cacao, il Theobroma, cresce principalmente in clima equatoriali ed estremamente umidi. Ma ai suoi antipodi, in base ai reperti ritrovati, sappiamo che cresceva solo nelle fitte foreste pluviali del Centroamerica e del Messico meridionale. L’albero ha come habitat naturale un terreno circondato da banani, patate dolci  e manioca, i quali offrono la giusta ombra e un pacciame spugnoso che trattiene l’umidità e da agio a piccoli insetti impollinatori del delicato fiore del cacao.

La storia del cioccolato infatti, inizia circa 3000 anni fa, con un popolo meso-americano, gli olmechi. Le donne raccoglievano i frutti estraendo i semi polposi e schiacciandoli fino a ottenere una sostanza grassa e appiccicosa, che miscelata ad acqua e amido, veniva dispensata ai membri dell’élite. Era ritenuta una bevanda magica: rinvigorente, energizzante e persino in grado di rimuovere la paura dal cuore dei guerrieri.

Poi fu la volta dei Maya. Gli storici non sanno dire esattamente se gli olmechi ne fossero i predecessori. Sta di fatto che la civiltà olmeca sparì misteriosamente nel periodo in cui i Maya presero il controllo della regione. La civiltà Maya, occupava le terre fertili del Guatemala, Belize, Honduras e del Messico. Qui era diffusa la specie del seme di cacao chiamata Criollo, una varietà preziosissima e ricercata ancora dai maitre chocolate. Le bevande al cioccolato dei maya si chiamavano CACAHUATL, ossia “acqua di cacao” : i semi messi in ammollo, venivano aerati, macinati e poi mischiati ad una serie di spezie e aromi come peperoncino, vaniglia, fiori commestibili. Solo gli esponenti della nobiltà potevano gustare la bevanda degli dei, che doveva avere una bella schiumetta in superficie: una vera squisitezza!

Nel IX secolo d.c. l’impero Maya conobbe la massima espansione e assieme ad essa, cupidigia, guerre, degrado ambientale, calamità naturali, persino una rivolta della classe operaia che condusse…al declino totale. Oggi sopravvive un gruppo sparuto di Maya. 


Cristoforo Colombo conobbe alcuni discendenti dei Maya nel 1502. Egli era alla ricerca di ricchezze e terre, non di esperienze culturali. Tuttavia la sua attenzione fu catturata da delle piroghe piene di semi a forma di mandorla a cui i Maya davano moltissima importanza. Ma Colombo non aveva ancora fatto i conti con un’altra civiltà: gli aztechi. Essi non solo avevano preso possesso delle regioni dei Maya, ma anche della loro cultura, tradizioni e sì, anche del cacao. Capeggiati dal dispotico e opulento Montezuma, gli aztechi ignoravano che al di là dell’oceano vi fossero altre civiltà. Tuttavia non avevano nulla da invidiare: città stupende, fini sistemi di acquedotti, commercio fiorente. Purtroppo ciò non durò molto. Dopo vent’anni di impero Montezuma dovette fare i conti con il colonialismo degli spagnoli. Sotto il regno di Carlo V d’Asburgo, i conquistadores sbarcarono nel 1519 in America, capeggiati dallo spietato Hérnan Cortes. Con l’apparente scopo di convertire al cristianesimo le popolazioni autoctone (che loro chiamavano indios) del Nuovo Mondo, gli spagnoli di Cortes compirono massacri senza precedenti arrivando a Vera Cruz, la capitale dell’impero azteco affrontando direttamente Montezuma e i suoi alleati. Il monarca azteco credette così alla profezia che da decenni gli aztechi custodivano: l’impero azteco era protetto dagli dei, ma un giorno sarebbero arrivati degli uomini bianchi di natura divina. E così Montezuma, suo malgrado fu condannato insieme a tutto il suo popolo, a una cieca devozione agli spagnoli, che non solo convertirono tutti gli indios al cristianesimo (con forza e torture), ma anche compresero tutto il valore dei semi di cacao e lo portarono olteoceano. Cortes infine rase al suolo la città e l’impero azteco fu cancellato per sempre.

In Spagna, i semi di cacao e la bevanda magica da essi ottenuta ebbe grande fama. Il burro di cacao veniva usato per guarire le ustioni, mentre alcuni medici lo consigliavano come ricostituente dopo la febbre. Sta di fatto che la richiesta dei semi divenne incessante così come aumentava la richiesta di manodopera nel Nuovo Mondo. Centinaia di migliaia di indios, se non milioni erano schiavizzati e dovettero soccombere al vaiolo, morbillo, malattie veneree e alle condizioni stremanti di lavoro. Qualche eccliesiasta tentò di fermare queste atrocità ma senza risultato. Quando tutti gli indios morirono- si trattò di un veri e proprio genocidio- iniziò la tratta degli schiavi africani, i quali venivano rapiti e esportati oltreoceano per andare a sostituire gli indios nelle Americhe. Nel frattempo, migliaia di schiavi africani erno già impiegati nei Caraibi per la produzione di zucchero. Potendo quindi contare su una riserva illimitata di zucchero e cacao, il consumo di cioccolato conobbe un’ulteriore espansione. Il cioccolato arrivò in Francia, Austria, Germania, Svizzera e Gran Bretagna. A Londra arrivò quasi contemporaneamente a tè e caffè, dove iniziò a essere degustato anche dalla classe mercantile, grazie ai costi più bassi. Nel frattempo filosofi come Rosseau, Locke, Voltaire contestavano la leggittimità morale della schiavitù. 


 

La produzione di cacao infatti si basava su un sistema orribile chiamato commercio triangolare: le navi salpavano dall’Europa per arrivare in Africa dove scaricavano merci e armi. Da qui ripartivano cariche di esseri umani, dirette verso le Americhe. Durante il tragitto ne morivano a centinaia e venivano gettati nell’oceano Atlantico durante la traversata anche se erano ancora vivi ma malati. Durante i 400 anni di schiavitù, si stima che siano stati mercificati tra i 12 e i 15 milioni di africani, seguendo un sistema ben organizzato e approvato dalla Chiesa. La domanda incessante di cioccolato dall’Europa esaurì presto le piantagioni del Messico e portò alla comparsa di nuove in Giamaica, Venezuela, Brasile e persino nelle Indie Occidentali. Parallelamente comparvero parassiti della pianta che compromettevano la produzione.

Fu così che nell’800 si arrivò a spostare le produzioni in Africa, in quei Paesi che oggi conosciamo come Costa d’Avorio, Mali, Camerun. In Europa infatti, alcuni imprenditori, soprattutto in Gran Bretagna, Austria e Paesi Bassi, fondarono delle piccole industrie del cioccolato che gettarono le basi per diventare delle odierne multinazionali. All’epoca anche la gente comune poteva acquistare il cioccolato nelle farmacie e nelle drogherie, doveva aveva un prezzo davvero irrisorio. All’inzio però non era buono come lo conosciamo oggi: aveva il 50% di grassi sull’intero e pertanto non adatto a tutti i gusti. Finchè, un certo Conrad Van Houten, trovò la formula esatta per stabilire l’esatta quantità di grasso (burro di cacao) da lasciare nel prodotto finale. Sull’esempio di Van Houten, Fry perfezionò la tecnica ottenendo dei cioccolatini che si scioglievano in bocca. Ci volle poco tempo affinchè un altro inglese, Cadbury, ne divenne maestro, ignorando che il cacao acquistato dai portoghesi, in realtà provenisse da una realtà di abusi e sfruttamento in un’isola africana, Sao Tomè e Principe. Passarono quasi 50 anni perché, subito prima del processo di diffamazione, William Cadbury potesse recarsi di persona a vedere cosa realmente accadesse in quell’isola. Fu caldamente invitato dai portoghesi a non svelare i fatti e nel frattempo, conobbe un’altra regione in cui sarebbe stato possibile spostare le piantagioni: la Costa d’Oro (attuale Ghana). Molti giornalisti cercarono intanto di andare a fondo nella questione e far conoscere al mondo intero la verità agghiacciante sul cioccolato.

Agli inizi del ‘900, negli USA, un giovane Milton Hershey, con un po’di fortuna ed esperimenti 


sbagliati, scrisse un capitolo della storia del cioccolato. Partendo da un capitale di 150 dollari, Milton Hershey, dopo una serie di esperimenti falliti (aveva inizialmente una piccola produzione di caramelle), sbancò creando degli ottimi cioccolatini a base di latte. Questa geniale trovata, gli consentì di arricchirsi così tanto, da riuscire a costruire un’intera città in Pennsylvania che portava il suo stesso nome: in soli due anni fu avviato il più grande e ardito esperimento sociale dell’epoca. I 1200 lavoratori della sua fabbrica avevano a disposizione delle case in cui abitare con le proprie famiglie, parchi, piscine, sale giochi oltre ad altri piccoli benefits. In cambio però lavoravano sodo, anche 100 ore settimanali, senza pause e senza lamentarsi. Alla fine del 1910 Hershey era diventato una leggenda e la sua sfrenata “generosità” era disprezzata dai capitalisti ma lodata da filosofi e attivisti. Nel frattempo, in Gran Bretagna, la tratta degli schiavi- ufficialmente abolita nel 1845- era stata messa al bando da rigide leggi. Eppure essa continuava ad esistere sotto altre forme: nel 1918 nei Caraibi continuavano ad arrivare operai non retribuiti chiamato “coolie”, donne e uomini fuggiti dalle carestie dei loro Paesi per andare a lavorare come “apprendisti” nelle piantagioni del cacao. La realtà era tutt’altra: questa gente veniva trasportata come si fa col bestiame, incatenata, affamata e persino marchiata. Era una schiavitù ma con un nome diverso.

Via via che il governo inglese riduceva i dazi sui semi di cacao per dare più slancio all’industria del cioccolato, la Gran Bretagna permise anche ai suoi fornitori delle colonie caraibiche di comprare vaste zone delle terre coloniali della Corona (quasi tutte di foreste pluviali vergini) e di deforestarle per lasciare spazio agli alberi di Theobroma.

Nel anni ’30 del Novecento, gli operai di Hershey insorsero, chiedendo paghe e orari di lavoro appropriati e più umani, oltre ad assicurazione ed indennità. Il magnate del cioccolato non aveva alcuna idea di come gestire la situazione e lasciò la cosa in mano agli avvocati. La cosa degenerò e ci furono importanti episodi di violenza. Giunto ormai al tramonto dei suoi giorni, Hershey, che durante la guerra forniva milioni di barrette al cioccolato ai soldati americani, si ritrovò faccia a faccia con un altro astro emergente dell’industria del cioccolato: Forrest Mars, il figlio di Frank Mars, che già aveva fondato un impero negli Usa negli anni ’20. Forrest era un visionario: voleva creare dei cioccolatini che si sciogliessero in bocca e non in mano. Fu così che nacquero i famosi “M&Ms”, dove le due m stavano per Mars e Murrie (il braccio destro di Hershey). La Mars si è espansa tantissimo negli anni, arrivando ad acquisire anche aziende produttrici di cibi per animali, come Whiskas, Sheba, Pedigree. E negli  stessi anni  la Nestlè, la major produttrice di caffè per i soldati in guerra, fu boicottata perché pubblicizzava in modo aggressivo il latte in polvere per neonati, contribuendo alla drastica riduzione dell’allattamento al seno. Il boicottaggio durò dal 1977 al 1984, anno in cui la Nestlè si riprese inglobando i prodotti del marchio Maggi, della Libby e della San Pellegrino, oltre alla Friskies.

La Costa d’Oro, nel 1920 era il principale Paese esportatore di semi di cacao; nel 1956 ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna ottenendo il nome di Ghana. Il loro leader, Nkrumah, sottrasse agli inglesi il controllo del mercato del cacao ma negli anni 70, quando il prezzo dei semi di cacao scese in picchiata, Nkrumah venne estromesso e le sue promesse vennero soppiantate da cinismo e delusione. Anziché gestire la cosa in modo accorto, molti agricoltori del Ghana, si limitarono a disboscare più foreste pluviali abbandonando le fattorie. Con i disboscamenti la siccità divenne gravissima e così gli incendi agli inizi degli anni ’80 distrussero la gran parte delle piantagioni di cacao del Ghana. Le industrie del cioccolato tirarono dritti e rivolsero le loro attenzioni al Paese accanto, la Costa d’Avorio. 

Felix Houphouet, nacque nel 1905 da una famiglia di proprietari terrieri. Negli anni trenta lasciò la medicina per dedicarsi alla cura delle piantagioni di Theobroma. Fu spronato a gettarsi nella politica 


dalle strategie discriminatorie della Francia che ancora controllava il Paese e obbligava gli autoctoni a lavorare nelle piantagioni…gratuitamente. Nel 1944 nacque un sindacato (SAA) che mise non pochi bastoni fra le ruote ai francesi. Si susseguirono una serie di scontri civili, molti dei quali repressi nel sangue da parte dei francesi mentre, Houphouet, guadagnava consensi alle elezioni e non solo tra gli ivoriani. Tuttavia rimaneva un sostenitore della sinistra francese e questo, gli consentì di avere una certa immunità diplomatica: nel 1956 Feliz H. era riuscito a diventare il primo africano a detenere il portafoglio ministeriale nel governo francese. Nel 1960 la Costa d’Avorio divenne una nazione indipendente, di cui Houphouet ne fu il primo presidente. Il suo fu un governo dittatoriale perché non c’era libertà di stampa né democrazia. Venne soprannominato Le Vieux, e mise letteralmente al lavoro la Costa d’Avorio. Accadde il miracolo economico: le foreste pluviali si trasformarono dal giorno alla notte in fattorie dedite  alla produzione di cacao, in cui convolarono moltissimi stranieri da territori vicini (Mali, Burkina Faso, Guinea). Tribù di etnie differenti si ritrovarono a lavorare fianco a fianco – non  senza malumori. Il pil della Costa d’Avorio, raddoppiò nei 10 anni successivi all’indipendenza, ma la gente voleva di più e in fretta. Nuove infrastrutture trasformarono il Paese in uno Stato moderno. San Pedro divenne uno dei porti più importanti dell’Africa occidentale. Abdjan divenne una delle città più luccicanti del mondo in via di sviluppo. Nel frattempo il prezzo del cacao era altalenante: negli anni 80 diminuì vertiginosamente e Le Vieux fece del suo meglio per manipolare il commercio internazionale. Purtroppo nel 1987, dopo la sua ultima più disperata offerta per salvare la ricchezza ivoriana, la Costa d’Avorio fu dichiarata insolvente, incapace di restituire gli ingentissimi debiti contratti. Le Vieux bloccò le spedizioni dei semi di cacao ponendo fine alle attività economiche della nazione. Fondò anche un ente chiamato CAISTAB per garantire un prezzo base per i coltivatori. La liberalizzazione trionfò per tutti gli anni 80-90 mentre il prezzo del cacao saliva e scendeva senza riguardi. Per tutta l’ultima parte del Novecento la Costa d’Avorio tentò di salvare il miracolo economico: alla fine del millennio era una delle nazioni più indebitate della Terra. I coltivatori sprofondarono in una povertà senza eguali e fecero ricorso anche loro, alla schiavitù.

Da semplici coltivatori, molti autoctoni ivoriani si trasformarono in veri e propri contrabbandieri di forza lavoro: bambini e adolescenti, spesso letteralmente rapiti nelle zone di frontiera o con la promessa di un futuro radioso. Alcune figure politiche, come Abdoulaye Macko, di origini maliane, hanno provato negli anni a denunciare e combattere il fenomeno dei pisteur. Secondo fonti certe, gli agricoltori ivoriani pagavano questi contrabbandieri per avere manodopera, poco importava se si trattava di bambini o giovani ragazzi. Una volta giunti nelle fattorie, questi ragazzi venivano messi ai lavori forzati, ospitati nelle stalle accanto agli animali e nutriti con banane e avanzi di cibo quando disponibili. Molti di essi si ammalavano sia per denutrizione che per gli abusi subiti non solo durante le ore di lavoro infinite. La maggior parte di loro non è mai tornata a casa come invece era stato promesso. Ogni volta che Macko chiedeva di poter far visita alle fattorie del cacao, il permesso gli veniva negato; chiedeva dunque che la polizia lo scortasse. La polizia spesso era riluttante: evidenza che era coinvolta e corrotta in qualche modo. Nonostante tutto Macko è riuscito a salvare una parte di questi giovanissimi, alcuni in condizioni pietose, ma non ce l’ha fatta con altri. Le prime rivelazioni sulle condizioni degli schiavi bambini arrivarono negli anni 2000 sui canali inglesi. L’opinione pubblica si risvegliò e migliaia di spettatori sommersero di indignazione le principali industrie di cioccolato, minacciandole di boicottaggio. La Costa d’Avorio rispose insabbiando tutto. Le varie ONG si mobilitarono creando dei programmi di aiuto alle popolazioni del Mali (Paese da cui provenivano la maggior parte dei bambini schiavi) e Save the Children creò un’unità di aiuto a Sikasso, che però non diede i frutti sperati a causa della disperazione delle gente. Nel frattempo Macko perse il suo posto di console ed è rimasto disoccupato. La schiavitù dei bambini negli anni si è ridotta ma è un fenomeno che ancora sussiste: un circolo vizioso alimentato dalla disperazione, dalla povertà, e dal tacito accordo tra governo e multinazionali.  


Oggi, benchè molta strada in termini di diritti sia stata battuta, il cioccolato è ancora un grosso privilegio per i Paesi Occidentali. Nuovi Stati si sono fatti avanti nella sua produzione – come l’Indonesia- ma con condizioni di lavoro e di vita al di sotto di qualsiasi lavoratore sottopagato dell’Europa. Oltre a ciò, bisogna considerare come i cambiamenti climatici possano aver modificato la sua geopolitica. Si prevede che nel 2038 il cioccolato sarà un alimento super-insostenibile: per crescere infatti, le fave di cacao hanno bisogno di molta pioggia, ma le aree tropicali piovose sono in diminuzione. Se si puntasse sulla ricerca e sull’impiego sostenibile e dignitoso dei lavoratori autoctoni, forse sarà possibile ancora degustare la nostra tavoletta preferita anche tra 50 anni.

Per questo motivo, ognuno di noi, può scegliere di acquistare cioccolato proveniente dal commercio equo-solidale: un piccolo costo in più ma un valore reale che rispetta l’umanità.

Se ti è piaciuto questa racconto, condividilo con chi vuoi!

 

Fonte: “Cioccolato Amaro- il lato oscuro del dolce più seducente” (Carol Off)

 

venerdì 30 ottobre 2020

PIANTE OFFICINALI IN GRAVIDANZA: quali consentite?

L’uso della fitoterapia per prevenzione e trattamento salutistici è un trend in crescita in tutto il mondo. 
Le donne in gravidanza ed allattamento non fanno eccezione; la prevalenza riportata dell’uso è fra 1 e 60 %. Nonostante la comune percezione di sicurezza, le azioni farmacologiche delle piante medicinali possono essere potenti, e bisogna pertanto, conoscerne i vari aspetti.

Sull'argomento "erbe" in gravidanza sono disponibili alcuni documenti di organi istituzionali che a più riprese hanno ribadito alcuni concetti generali ma che non possono rimanere sconosciuti (AIFA, Istituto Superiore di Sanità e Ministero della Salute). 

Il problema della sicurezza dei prodotti naturali assunti in gravidanza nasce dal fatto che generalmente non sono sufficienti i pochi clinical trials disponibili su alcune piante, servirebbe semmai studi osservazioni caso-controllo su grandi numeri, disegnati appunto per la valutazione della SICUREZZA piuttosto che trials disegnati per valutare l'EFFICACIA della pianta.

In rete si trovano indicazioni di elenchi di piante proibite e di piante ammesse, da parte di autori vari, ma il problema rimane e deve esser valutato caso per caso, soprattutto in relazione al tipo di prodotto, al tipo di associazione di piante, ed in particolar al tipo di preparato o di estratto.

 

Per fare un esempio, l'olio di SEMI DI FINOCCHIO, fruibile per un problema di dispepsia o flatulenza, è molto differente da una semplice tisana a base di finocchio, che rispetto all'olio, risulta essere molto molto meno concentrata. Analogamente, per la menta piperita, per lo zenzero (sì proprio lui!), melograno, prezzemolo, cannella, salvia, aloe, senna, cascara...sono tutte piante che presentano potenziali effetti sulla donna in attesa. Ormai è risaputo quanto la placenta sia un tessuto che lasci passare non solo molecole deputate al nutrimento del bambino,ma anche purtroppo, batteri, virus, anticorpi e antigeni di varia natura...figuriamoci, gli eccipienti e le sostanze attive dei fitoterapici.
Possiamo dunque classificare le piante officinali, in base al loro EFFETTO, sulla donna gravida e conseguentemente sul FETO:
- RISCHIO DI ABORTO: olii essenziali...es. il propoli;
- EFFETTO MUTAGENO: es. lo zenzero, benchè si tratti di un potenziale effetto che necessita di ulteriori studi;
- AUMENTATA CONTRATTILITà UTERO: è data dai più conosciuti lassativi come senna, aloe, cascara;
- TOSSICITà DIRETTA sul feto: assenzio, menta, ginepro, salvia, cannella, borragine, farfara;
Persino la CAMOMILLA (romana e germanica), usata per alleviare disturbi gastrointestinali o stati d' agitazione, risulterebbe avere un effetto di aumento sulla contrattilità uterina.

  • Le sostanze vegetali maggiormente rischiose sono comunque gli oli essenziali e gli alcaloidi, tutti ad altissima diffusibilità  dotati sempre di basso indice terapeutico, quindi potenzialmente tossici per l’embrione o il feto, o attivi sulla contrattilità uterina, e quindi potenzialmente a rischio di aborto.  La caffeina e la nicotina riducono facilmente l’irrorazione placentare e pertanto in gravidanza è controindicato il fumo e l’assunzione di molti caffè, così come altre piante neurocardiostimolanti o neurocardiotossiche quali l’Efedra, la Noce moscata, l’Arancio amaro.  Il Ministero della Salute ha emesso anche provvedimenti restrittivi relativi all’uso di alcune erbe in gravidanza, quali per esempio gli integratori a base di Ginkgo biloba, il Citrus aurantium e il Riso rosso fermentato. Fino a qualche anno fa, le piante più usate, considerate innocue, erano: MENTA PIPERITA, MACROCARPO o MIRTILLO ROSSO cranberry e ZENZERO. E' invece richiesta cautela per: rosa canina, lampone e valeriana. 

    COME COMPORTARSI?
  • Possiamo concludere affermando che in gravidanza (come anche in allattamento) è bene evitare in primis olii essenziali di qualsiasi tipo, per non andare incontro a effetti indesiderati sia sulla mamma che sul feto/embrione, ma cercare, laddove possibile, di fare a meno anche di estratti, infusi concentrati dei quali, al momento non si conoscono bene reazioni avverse. Tuttavia, una tisana al finocchio o alla malva (quest'ultima ritenuta abbastanza sicura dagli ultimi trials), bevuta una tantum, non rappresenta un'occasione nociva  e può essere considerata accettabile nell'alimentazione della gestante. 





  • giovedì 14 maggio 2020

    POLPETTE DI CAVOLFIORE


    Hanno un odore di zolfo quando le cuciniamo, che ai più non piace, ma in bocca sprigionano un sapore più che gradevole. Sto parlando delle BRASSICACEE o CRUCIFERE, piante la cui forma ricorda vagamente una croce. A questa famiglia di verdure appartengono: cavoli, cavoletti di Bruxelles, cavolfiore, broccoli, verza, cime di rapa, cavolo-cappuccio e molte altre varietà di cavolo. Quali sono le proprietà? potassio, calcio, fosforo, ferro, acido folico, vitamina C . Contengono inoltre principi attivi anticancro, antibatterici, antinfiammatori, antiossidanti, antiscorbuto, come isotiocianati e glutatione, quest'ultimo molto poco presente nell'intestino delle persone con malattie neurologiche e disturbi come l'autismo. Sono depurativi, rimineralizzanti e favoriscono la rigenerazione dei tessuti. Il cavolfiore è particolarmente indicato in caso di diabete perché le sue proprietà contribuiscono a controllare i livelli di zuccheri nel sangue. Secondo alcuni studi americani il cavolfiore aiuta a prevenire il cancro al colon e l'ulcera e cura l'anemia.

    • Le BRASSICACEE non sono indicate se soffrite di sindrome dell'intestino irritabile (colite) o patologie della tiroide, poichè gli isotiocianati potrebbero interferire con il corretto funzionamento della ghiandola tiroidea.
    LE POLPETTE DI CAVOLFIORE, sono ideali per i vostri bimbi, che spesso non apprezzano il sapore e l odore deciso di questa verdura. 🥦🥦🥦
    Ingredienti
    - 200 g cavolfiore bianco
    - 1 patata gialla
    - 2 cucchiai di parmigiano grattugiato
    - 1 uovo
    - semi di papavero a scelta
    - pangrattato integrale
    - olio evo
    - sale e pepe
    Procedimento
    1) lessate il cavolfiore lavato con la patata fino a renderli ben cotti (prova della forchetta)
    2) scolateli e schiacciateli con la forchetta, poi amalgamateli con l'uovo, il parmigiano, un po' di acqua o latte, un pizzico di sale e pepe
    3) aggiungete i semi a piacere e il pangrattato
    4) formate delle palline e schiacciatele leggermente con le mani in superficie
    5) cuocetele in forno, adagiandole su carta da forno, con un filo di olio, a 180 gradi fino a doratura.
    Se siete intolleranti al lattosio, usate il parmigiano 30 mesi o il granBiraghi che è senza lattosio, oppure potete optare per formaggio vegano o ancora mandorle tritate finemente, cambierà il sapore, ma il risultato sarà eccezionale. 

    mercoledì 13 maggio 2020

    FOCACCIA AI 5 CEREALI con semi di lino e curcuma


    Ingredienti per FOCACCIA CON SEMI DI LINO AI 5 CEREALI
    • 300 g farina ai 5 cereali integrale
    • 200 g farina 0 o manitoba
    • Mezzo cubetto di lievito di birra o 1 bustina di lievito in polvere Mastrofornaio
    • 2 cucchiai di semi di lino
    • 1 cucchiaino di curcuma 
    • 1 pizzico di sale
    • 2 cucchiaini di zucchero
    • Olio extravergine d’oliva

    PROCEDIMENTO
    Versate le farine in una ciotola capiente e al centro versateci l’olio, lo zucchero e il lievito, la curcuma e i semi; impastate con una forchetta aggiungendo poco alla volta acqua tiepida in cui avrete disciolto il sale e successivamente, proseguite usando le mani e lavorate l’impasto su un tavoliere o una superficie infarinata, finchè risulterà morbido e omogeneo. Mettete a riposare nella stessa ciotola, coperta da pellicola in luogo non freddo o coperta da un canovaccio umido in un forno spento precedentemente riscaldato.
    Per la lievitazione sarà sufficiente un’ora piena. Stendete l’impasto e ricavate il pezzo di pasta in base alla vostra teglia da forno. Condite a piacere, ad esempio con salsa di pomodoro, un pizzico di sale, origano e pepe e qualche cubetto di mozzarella.


    venerdì 20 marzo 2020

    Come organizzare la Spesa ai tempi del COVID-19

    Oggi è il 20 Marzo 2020, alle ore 3.50 è entrata ufficialmente la Primavera astronomica, eppure mi chiedo quanti di voi stanno pensando all'arrivo della lieta stagione. Con la pandemia del virus SARS Covid-19 così come è stata dichiarata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità qualche giorno fa, la tensione e la paura sono palpabili e diventa quanto più necessario ed opportuno rimanere nelle proprie case, per limitare al massimo l'avanzata del contagio.

    Tuttavia, molti di noi escono quasi tutti i giorni per fare la spesa o per comprare farmaci e supplementi, pur dotandosi di guanti e mascherine.
    Oggi voglio darvi qualche dritta su come ORGANIZZARE UNA SPESA BI- SETTIMANALE o anche più, per cercare di uscire il meno possibile dalle vostre abitazioni.
    FATE UNA LISTA DELLA SPESA, che sia il più completa possibile, in cui elencate non solo gli alimenti di uso quotidiano, come latte, uova, biscotti, pasta, frutta, verdura, carne, pesce, pane, formaggi, ma anche acqua, lievito, farina, zucchero, caffè, tè, sale, bicarbonato, legumi (meglio secchi) e oggetti che possono servire per la pulizia della casa e della persona, cercando di pensare a lungo raggio, ovvero : cosa mi servirà tra 2 settimane? Perciò dovreste fare un semplice calcolo di quanto consumate in media per ciascun prodotto in base ai componenti della vostra famiglia. In questo calcolo, conta molto anche la FREQUENZA dei cibi che consumate. Ad esempio:
    La PASTA: se la mangiate 5 volte a settimana e siete 4 persone, quindi in media 400 g al giorno, il calcolo è 400x5= 2 kg di pasta a settimana= 4 kg  in 2 settimane

    La CARNE BIANCA (pollo, tacchino, coniglio): se la mangiate 2 volte a settimana, 150 g per persona e siete 4 persone, il calcolo sarà 600x2=1,2 kg di carne a settimana= 2,4 kg in 2 settimana

    1. PREPARATE IL FRIGO ED IL FREEZER/CONGELATORE: l'ideale sarebbe avere 2 frigoriferi e 2 frezeer, in modo da stipare gli alimenti senza sovraccarico; pulitelo bene con acqua e bicarbonato e una spruzzata di aceto e asciugate i ripiani. 
    2. ATTREZZATEVI DI UN'AUTO CON BAGAGLIAIO CAPIENTE, di SACCHETTI RIUTILIZZABILI per la spesa, di UNA BORSA FRIGO AMPIA: questi "strumenti" vi aiuteranno a fare una spesa come si deve;
    3. SCEGLIETE UN ORARIO poco affollato in  cui potete fare la spesa in santa pace; potrebbe sembrare un consiglio banale, ma se ci pensate bene, nel fare una spesa in fretta e furia, con l'ansia di uscire dal supermercato, rischierete di dimenticare quasi certamente qualcosa!
    4. FATE LA SPESA con la LISTA ALLA MANO: che siate tecnologici, quindi tipi da smartphone o iNotes, o tradizionali- come me- con il classico "papiro" in mano non conta, purchè sappiate cosa state facendo.
    5. COME FARE LA SPESA: una volta nel supermercato con il vostro carrello e le sporte delle spesa, dirigetevi verso lo scaffale degli alimenti non deperibili come pasta, pane, conserve, legumi, tonno, farina, cereali come riso, farro, orzo, miglio, ecc.. Mi raccomando non prendete 20 pacchi di riso o di sardine sotto sale se sapete che non lo mangerete;  a seguire i prodotti da frigo come formaggi, carne, pesce, frutta, verdura e infine i SURGELATI. Di solito i surgelati non li compro, ma in questo caso, facciamo un'eccezione: vi consiglio di calcolare la quantità di surgelati anche in base alla capienza del vostro freezer; tra i surgelati che non devono mancare sono: FILETTI DI PESCE (evitate gli impanati), CONTORNI DI VERDURE, PATATE A SPICCHI; metteteli nella borsa frigo nell'attesa di tornare a casa: così rispetterete la CATENA DEL FREDDO. Il pane, prendetelo in base al consumo che ne fate e variate, integrale, di grano duro, ai cereali, con semi ecc. Andrà nel congelatore.Non dimenticate i sacchetti gelo per porzionare il cibo da congelare; 
    6. Una volta a casa, CONSERVATE PER PRIMI I PRODOTTI FRESCHI e da CONGELARE: 
       - La VERDURA, mondatela, pulitela e tagliatela a pezzi e porzionatela in sacchetti di plastica             biodegradabile (quella più ricca di acqua come la lattuga ponetela in un canovaccio nel cassetto in basso del frigo); lasciate nel frigo solo quella che consumerete in settimana, SENZA LAVARLA (altrimenti farà subito marcia); il resto, SBOLLENTATELA per 2-3 minuti in un tegame portato a bolllore e poi, dopo averla scolata per bene, congelatela in porzioni idonee al vostro consumo. 

    - La CARNE, anche questa va porzionata in base ai vostri consumi: se avete comprato quella già in vaschette con etichetta e peso, metà del lavoro è fatto. Altrimenti, armatevi di bilancia, guanti e coltello, scegliete un piano di lavoro o un tagliere sterile, e porzionatela a dovere, usando lo stesso criterio della verdura, ma SENZA LAVARLA o SBOLLENTARLA! Il pesce fresco va consumato entro 2 giorni, quello già surgelato va direttamente in freezer.

    - IN FRIGO, la disposizione degli alimenti su ciascun ripiano ha il suo perchè; vi invito a leggere il mio articolo su questo argomento, per assicurare ai vostri alimenti il corretto mantenimento e salubrità. http://lasaluteintavola.blogspot.com/2015/04/come-conservare-i-cibi.html
    Una regola generale da rispettare è: i cibi a più vicina scadenza sono da porre avanti, più in vista, così non rischiate di dimenticarli in un angolo remoto del frigo. Inoltre, evitate di mettere uno accanto all'altro cibi crudi e cibi cotti.
    - Infine, - ma questo potrebbe essere il primo punto della lista- organizzate uno schema dei pasti della settimana, in modo a capire al meglio come conservare gli alimenti. Oppure potreste andare a braccio, e organizzarvi via via con ciò che avete messo in frigo, ma sarebbe  una soluzione non proprio comoda. Per saperne di più sull'organizzazione dei pasti settimanali, volendo seguire una CORRETTA DIETA MEDITERRANEA, potete leggere questo articolo: https://www.nutriviva.it/covid-19-consigli-dietetici-per-affrontare-lemergenza/

    In bocca al lupo a tutti e incrociamo le dita perchè tutto finisca il prima possibile. Un grosso abbraccio virtuale a tutti!

    martedì 31 dicembre 2019

    Osteoporosi e Alimentazione

    Osteoporosi e Alimentazione

    L’osso è un tessuto metabolicamente attivo ove si svolge un continuo processo di rimodellamento
    derivante dalla stretta interazione tra gli osteoblasti, che stimolano la formazione ossea e
    gli osteoclasti che ne attivano il riassorbimento. Quando prevale l'azione degli osteoblasti (infanzia e adolescenza) l'osso si allunga e cresce; quando è a prevalere l'azione degli osteoclasti, l'osso si depaupera e tende a perdere massa (menopausa e senescenza). In realtà il processo non è rigidamente suddiviso per età, ma è continuo nel corso della vita e a seconda delle esperienze vissute dalla persona.
    Traumi, incidenti, terapie ormonali, gravidanza, allattamento, malattie reumatologiche, ossee, renali, disfunzioni ghiandolari, tumori, abitudine al tabagismo, attività fisica, menopausa precoce, sono solo alcuni dei fattori che lo influenzano. 

    Cos'è l'OSTEOPOROSI?
    I dati epidemiologici parlano chiaro: nei prossimi 20 anni la percentuale di popolazione di età superiore a 65 anni aumenterà del 20% e con essa aumenterà l’incidenza di osteoporosi, con un notevole impatto sulla spesa sanitaria nazionale.
    Nella stadiazione dell'impoverimento del tessuto osseo, occorre distinguere tra:
    - OSTEOPENIA, ossia un impoverimento della matrice ossea accanto un ridotto apporto o assorbimento del calcio e della vitamina D;
    - OSTEOPOROSI subclinica in cui le trabecole ossee risultano piuttosto danneggiate ed  impoverite;
    - OSTEOPOROSI CONCLAMATA, dove il fenomeno non è più reversibile ed occorre un'adeguata terapia farmacologica ed alimentare.
    Nella popolazione, i soggetti più a rischio sono le donne, i bambini (per cui fin dai primi mesi di vita è richiesta la supplementazione con vitamina D per evitare il fenomeno del rachitismo e osteomalacia nell'età adulta), gli anziani.
    Nelle donne, il fenomeno comincia ad affacciarsi con la menopausa, poichè, la quasi totale assenza di ormoni femminili - gli estrogeni- porta irrimediabilmente l'osso a perdere massa. Dato che gli estrogeni controllano anche l’assorbimento del calcio a livello intestinale, dopo la menopausa tale meccanismo risulta ridotto, con conseguente maggiore utilizzo del calcio depositato a livello scheletrico per mantenere il livello di calcio nei limiti di norma.  È fondamentale, pertanto, che ogni donna accumuli una massa ossea adeguata durante la vita fertile per affrontare l’età della menopausa in condizioni ottimali: così, per la stragrande maggioranza delle donne, l’impoverimento fisiologico condizionato dalla menopausa non diventerà una patologia.

    Come prevenire l'Osteoporosi?
    Iniziando dallo stile di vita: ALIMENTAZIONE, ATTIVITà FISICA, VITA SALUTARE.
    Naturalmente, per stile di vita salutare, s'intende una serie di piccole attenzioni che vanno dal non fumare, non bere alcol se non sporadicamente, fare passeggiate nella natura respirando aria pulita e lontana dallo stress della quotidianità. 
    L'attività fisica è senz'altro un nodo da non sottovalutare: l'osso che lavora ogni giorno e non solo per sbrigare le normali faccende, salire le scale, andare a fare la spesa, portare a spasso il cane, ma anche impegnandosi in un'attività sportiva a corpo libero, yoga, pilates, nuoto, aerobica, jogging, danza, ecc, può fare la differenza. Questa evidenza è supportata da validi studi scientifici, fra cui la recentissima scoperta fatta nel 2018, da un gruppo di ricercatori dell'università di Bari, riguardo ad una molecola, ormone-simile, chiamata "IRISINA" : più si svolge attività fisica, più i muscoli la producono, irrobustendo le ossa e prevenendo l'osteoporosi. Una macchina perfetta. 
    E veniamo all'ALIMENTAZIONE. Gli elementi principali coinvolti nel metabolismo dei minerali di cui è fatto l'osso umano, sono 2: CALCIO e VITAMINA D3. 

    Il CALCIO è un minerale che abbonda nel mondo animale, soprattutto in: latte e derivati, uova , pesce ma anche in quello vegetale: frutta secca, basilico, pomodori, rucola, broccoli e cavoli, semi di soia, di lino, di chia, di sesamo, sono solo alcuni esempi. Bisogna tenere a mente quanto segue: la prima fonte di calcio biodisponibile è l'acqua, soprattutto quella di rubinetto (se potabile ovviamente). 
    La biodisponibilità del calcio è essenziale perchè venga assorbito e svolga la sua azione nell'osso. Il calcio animale è abbastanza biodisponibile rispetto a quello vegetale dove spesso è accompagnato da fitati . Molti tuttavia, preferiscono fonti alternative (legumi, ortaggi, frutta secca) e pesce perché le altre proteine animali provocherebbero un aumento delle perdite di calcio urinario (acidificherebbero maggiormente il sangue costringendo l'organismo a tamponare il pH acido con la liberazione di sali basici di calcio dalle ossa). Sostengono inoltre che non esistono prove convincenti a favore del consumo di latticini in età adulta avanzata nella prevenzione delle fratture e che diete ricche di formaggi e carne sono ipersodiche e quindi favorenti un ulteriore aumento della calciuria (oltre i normali 300 mg/die). 
    La VITAMINA D, è presente in natura o sotto forma di ERGOCALCIFEROLO o vitamina D2, nel mondo dei funghi, oppure sotto le vesti di vitamina D o COLECALCIFEROLO, presente nelle uova, nel latte e derivati e nei pesci grassi come salmone, tonno, acciughe e sarde, sgombroAffinchè la vitamina D introdotta con la dieta diventi D3, ossia la forma attiva, è necessario che venga idrossilata, a livello del fegato e dei reni. Malattie a carico di questi 2 organi compromettono l'attivazione di questa vitamina. 
    L'alimentazione non basta a coprire il fabbisogno di questa vitamina liposoubile: ecco perchè è necessario esporsi al sole in estate un paio d'ore e dall'autunno-inverno fino a primavera, integrare con un supplemento indicato dal medico o dal vostro nutrizionista. 
    Quali sono le sue funzioni?
    1) Assorbimento  intestinale di Calcio e Fosfato
    2) Omeostasi minerale
    3) Regolazione di attività muscolare, conduzione nervosa, fattori della coagulazione, proliferazione
    cellulare e utilizzazione energetica

    DOSE nella norma negli UOMINI 
    Età: 15 -18: 800 UI/die
            18- 65 :600 UI/die
             >65 anni: 800 UI/die
    DOSE nella norma nelle DONNE 
    Età: 15 -18: 800 UI/die
    18-6: 600 UI/die
    >65 anni: 800 UI/die

    ALTRI MICRONUTRIENTI legati all'OSTEOPOROSI
    - VITAMINA K Responsabile della gamma carbossilazione dei fattori della coagulazione e delle proteine della matrice ossea, in particolare dell’ osteocalcina rendendone possibile il legame con
    l’ idrossiapatite
    - VITAMINA C: Necessaria per l’idrossilazione delle proteine e per la formazione dei cross links del collagene osseo.

    In conclusione, possiamo affermare che la prevenzione dell'osteoporosi, passa senz'altro dall'alimentazione e dallo stile di vita che si fa specialmente tra i 20 e i 40 anni d'età, in cui si raggiunge il picco di matrice ossea e dal controllo annuale della vitamina D che non dev'essere mai sottovalutato. 

    mercoledì 31 luglio 2019

    Dieta CHETOGENICA: facciamo chiarezza!

    La dieta Chetogenica o Chetogena, è probabilmente il tema più dibattuto negli ultimi anni, nel campo della nutrizione. Se ne dicono tante e spesso, senza ragione di causa, specialmente in un Paese come l'Italia, dove, pasta, pane e pizza la fanno da padroni quando si parla di alimentazione. Vediamo bene di che cosa si tratta. Risultati immagini per dieta chetogenica

     Le centinaia di persone nel mondo che si sono sottoposte a questo approccio dietetico per varie ragioni - malattie neurologiche come epilessia o emicranie, migliorare le performance sportive in endurance oppure semplicemente per perdere peso- forniscono l'evidenza più solida dell'assoluta SICUREZZA di questo regime, quando esso, naturalmente, venga posto in essere nel modo più opportuno e scientifico possibile. A tal proposito, vi ricordo che solo Biologi Nutrizionisti, Dietisti e Medici Dietologi possiedono le competenze e i titoli per prescriverlo. 

    Cosa significa il termine chetogenesi

    Quando il nostro corpo è in CHETOSI, a causa di una ridotta quantità di zuccheri semplici e complessi, si innescano dei precisi meccanismi fisiologici che in altre condizioni, sono silenti, ovvero: l'energia viene ricavata dal consumo di acidi grassi presenti in riserva nel nostro corpo; inoltre, l'ossidazione dei grassi, porta alla produzione dei CORPI CHETONICI, molecole di scarto che in parte vengono utilizzati dal nostro cervello per produrre energia e in parte, vengono espulsi con sudore e urine (per questo motivo, durante la chetosi, le urine, l'alito e il sudore, hanno un odore particolarmente sgradevole). 
    Per raggiungere lo stato di chetosi, non basta semplicemente eliminare gli zuccheri: è necessario infatti calibrare bene gli altri macronutrienti.
     La dieta chetogenica infatti, presenta in genere, le seguenti caratteristiche:
    - è una dieta NORMOPROTEICA: cioè la quantità di proteine è proporzionata alla persona che le consumerà, che si tratti di  donna, uomo o adolescente,  la quantità è basata sulle linee guida Nazionali e va dagli 0,7-1,2 g/kg di peso corporeo per le donne ai 0,8-1,5 g/kg di peso corporeo per gli uomini; NON si tratta quindi di una dieta iperproteica come millantano alcuni ;
    - è una dieta ricca di GRASSI BUONI: l'ho scritto in maiuscolo, per sottolineare l'importanza di quest'ultimo aspetto. Mi riferisco a una quantità pario al 60-70% di grassi, soprattutto INSATURI, come i celeberrimi omega3 e omega6, presenti in: frutta secca, avocado, olive, uova, burro ghee o chiarificato, olio di cocco e olio di MCT, pesce azzurro, senza dimenticare il cuore della dieta Mediterranea, messer olio extravergine d'oliva.
    - gli zuccheri presenti, sono ridotti al 5% delle calorie totali che corrispondono a non più di 20-30 g al dì. Essi saranno forniti dalle verdure principalmente ma anche da derivati del latte e occasionalmente cioccolato extrafondente (benchè si prediliga quello con minimo 85% di cacao);
    Questo protocollo, dura in maniera standard 21 giorni, ma c'è chi lo adopera ciclicamente, con una pausa di qualche settimana o qualche mese, reintroducendo i carboidrati in maniera complessa. C'è chi lo adopera per anni. 
    Cosa NON è LA DIETA CHETOGENICA?
    - non è pericolosa per la salute, se fatta con coscienza e monitorata dalle opportune figure professionali sopra menzionate;era già utilizzata 100 anni fa e attualmente è supportata da molti studi scientifici internazionali; 
    - non è una dieta a zona, nè paleolitica, nè iperproteica, nè rientra in tutti gli altri regimi alimentari piuttosto "di moda" nell'ultimo decennio; 
    - non è una dieta per fare miracoli: i risultati in termini di kg e centimetri sono molto differenti da persona a persona; 
    - non è idonea per le donne in gravidanza, nei bambini e in alcune patologie (come il diabete mellito di tipo 1);
    - non si può improvvisare!
    Esiste una variante della dieta chetogenica normocalorica che è invece la VLCKD ovvero una chetogenica ipocalorica, ossia solo 800 kcal al giorno, molto più drastica, si può seguire per periodi molto limitati di tempo, poichè a lungo andare, come tutte le diete ipocaloriche, conduce allo stallo del peso. 

    In conclusione, il regime chetogenico o chetogeno, in chiave Mediterranea, risulta essere un mezzo vincente non solo per portare sollievo a patologie importanti (come iperinsulinemia e diabete di tipo 2, epilessia, acne, psoriasi, malattie autoimmuni, sindrome metabolica, emicranie) ma anche per riuscire ad eliminare quel grasso corporeo ben localizzato che spesso, si fa fatica ad eliminare con una classica dieta mediterranea.